venerdì 24 ottobre 2008

Riflessioni su libertà e paura


Spesso può accadere che, dopo una giornata spesa a lavorare, magari dietro una scrivania, a contatto col pubblico, davanti ad un PC, a studiare sui libri o davanti ad un nastro trasportatore, si torni a casa, e si cerchi relax. E nell'isola di relax che ci si trova, se se ne trova il tempo, la lettura o l'ascolto dei telegiornali sono attimi preziosi.

Ed è proprio allora che inizia il divertimento: dichiarazioni tanto decise e infervorate da poter essere poi smentite con la massima calma e tranquillità, che suonano come dichiarazioni di guerra, nell’affermazione di una libertà proclamata. Ma quella che governa è la paura, e diffondere il terrore sembra sia diventata una disciplina olimpica apprezzata a livello mondiale. E paura genera paura. Ma, soprattutto, la paura vende.

Paura dell’altro-da-sé, paura della recessione economica, paura di non farcela.

Forse dunque è per questo che, per paura di non avere la situazione sotto controllo, si inizia a limitare, almeno a parole, la libertà, o almeno lo si sostiene con convinzione.

Credo che il modo di agire potrebbe essere ben diverso. Riporto qui di seguito un discorso di Alcide De Gasperi che mi sembra esemplificativo della tensione verso democrazia, libertà e all’impegno. pur riferendosi alla scelta tra Monarchia e Repubblica, appare estremamente attuale:



La domanda vera è questa: «Volete instaurare la Repubblica, cioè, vi sentite capaci di assumere su voi, popolo italiano, tutta la responsabilità, tutto il maggior sacrificio, tutta la maggiore partecipazione che esige un regime, il quale fa dipendere tutto, anche il Capo dello Stato dalla vostra personale decisione, espressa con la scheda elettorale?
Se rispondete sì, vuole dire che prendete impegno solenne, definitivo per voi e per i vostri figli di essere più preoccupati della cosa pubblica di quello che non siete stati finora, d'aver consapevolezza che essa è cosa vostra e solo vostra, di dedicarvi ore quotidiane di interessamento e di lavoro; ma soprattutto vorrà dire che avete coscienza di potere con la vostra opera difendere nella Repubblica la libertà che è il bene supremo, la libertà di coscienza del cittadino in tutti i campi di fronte allo Stato, ai partiti, alla collettività sociale, la libertà di essere ciascuno padrone in casa vostra. E avete la coscienza che questa forma dello Stato non minaccia, ma rafforza l'unità del paese.1



Si parla spesso di ‘strategia del terrore’, perché c'è sempre qualcosa che ci fa paura affrontare. Fa comodo chiudersi e vedere quel che ci sta accanto. E una visione miope della realtà impedisce di considerare le cose importanti: si smette di investire, si smette di pensare al futuro, a coltivare una società che guardi al di là del proprio naso, non necessariamente la società del "Mulino Bianco", ma una società che si impegni con coerenza, che integri meglio che può, in uno scambio di idee e di culture, insieme all’altro, allo straniero, e non separata da esso.

Penso che il futuro ci chiami ad agire, non a reprimere la novità, al dialogo, alla sfida. E se non investiamo noi nel nostro futuro, o su quello che sarà dei posteri, chi lo farà?

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1 Il testo integrale del discorso è reperibile sul sito Internet www.degasperi.net/show_doc.php?id_obj=1733&sq_id=0.
Contributo inviato da Alessandro Zocchi

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