sabato 29 novembre 2008

Caffè di traverso...


Se la mattina vi alzate, vi fate la doccia, vi presentate al cospetto della giornata con dei buoni propositi, forse dovreste evitare di collegarvi su Canale 5, per evitare che il caffè vi vada di traverso. Si è arrivati ad un punto dove ormai, sembra essersi realizzato magicamente, quel progetto di rinascita democratica che tanto aveva attanagliato i sogni di molti potenti. Oggi, l'intrattenimento e l'informazione (o presunta tale) si fondono in molte trasmissioni, ma la più "bella" e completa di tutte e sicuramente Mattino 5, condotta da Barbara D'Urso e un parterre d'eccezione tra i quali figura anche il noto giornalista Filippo Facci, che con l'aria di uno che è stanco di ripetere cose ovvie, arringa le masse di Mediaset con diverse tipologie di momenti. A volte si presenta con una rassegna stampa, piuttosto smilza in realtà, ma non si vuole annoiare la casalinga di Voghera, o addirittura, l'editoriale parlato. E così, tra un flirt dei vip e un sedicente giallo irrisolto, il telespettatore può usufruire di un commento sull'attualità politica molto "disinteressato".
Così, dalle reti gestite dalla famiglia del Presidente del Consiglio, possiamo sentire che l'opposizione è allo sbando, che Veltroni «sta facendo un errore dopo l’altro»; ma ci insinua un dubbio, tratto da un ragionamento che non fà davvero una piega: «ma siamo sicuri che ci sia solo da compiacersene? Veltroni deve scontare tutti gli errori commessi: ma siamo certi che il disfacimento del suo progetto sia interamente una buona notizia?»
Qui il dubbio sorge spontaneo. Direi che più di un telespettatore si sarà preso un paio di minuti per fare questa fondamentale riflessione con calma. Fortunatamente, la questione si sposta su faccende più significative : «mortale errore, non è andato da solo: s’è portato dietro il cane da guardia, uno che abbaia tutto il tempo, copre ogni tua parola, ti frega la bistecca dal piatto. Imbarcò Di Pietro per avere una minima possibilità di vittoria: ma era persa in partenza, perché Berlusconi era fortissimo e perché il governo Prodi era stato una sciagura. » Un'altra perla regalata agli spettatori che potranno certamente godere di tutta questa saggezza. Di Pietro se lo sarebbero presi per avere un aminima percentuale di vittoria. Insomma, Walter era disperato e doveva vincere. ma poi è lo stesso Facci a proporci l'antitesi a esser buoni o ad autosmentirsi andando contro al suo "impeccabile" ragionamento: «Fanno ridere, ora, quelli che imputano al loro segretario d’averli abbindolati: siamo seri, il progetto di Veltroni non è mai stato vincere delle elezioni che avrebbe perso anche un Berlinguer redivivo; il suo progetto era fondare una sinistra moderna, occidentale, credibile, un avversario e non un nemico.»

Insomma, voleva vincere, ma non voleva vincere. A parte la dubbia credibilità di parlare male di una opposizione dalla tribuna che ti ha concesso il governo, non si capisce dove fosse il tanto professato diritto di replica che emerge ovunque si faccia una trasmissione dove ci si permette di criticare il governo.
Insomma, nulla da dire, una gran bella trasmissione. Del resto è quella stessa rete che ci propone un modello educativo alla Grande Fratello, dove il gioco d'azzardo è una cosa bellissima, il tg è meglio se ci sono meno notizie e più culi e ricette e alla quale la Rai sembra essere stata felicissima di aggiornarsi.

Non bastasse, scopro, appena uscito di casa che lo stesso editoriale era pubblicato uguale identico, parola per parola la mattina stessa sul Giornale. Forse c'entra qualcosa che fanno parte dello stesso patrimonio "di famiglia".

In definitiva...meno male che Facci c'è, se no, come faremo a renderci conto di quanto profondamente deviata sia la libertà d'informazione in Italia.

Contributo inviato da Ivan Astorelli

Consiglio provinciale, interpellanza sulla sanità nell’Ulss 18

Perse importanti professionalità all’ospedale di Rovigo.
Sul “San Luca” un anno di dibattito senza risultati. Le “false comunicazioni sociali” del direttore generale e le carenze della presidenza della conferenza dei sindaci. Informazione e trasparenza.
Il Pd propone l’istituzione di sportelli sulla sanità e la creazione di uno spazio web per sindaci e cittadini.

Importante iniziativa in consiglio provinciale. Giuliana Gulmanelli, capogruppo del Partito Democratico, ha presentato una interpellanza sulla sanità nell’Ulss 18.
Dal documento, che sarà discusso nella seduta di venerdì 28 novembre 2008, emergono motivi di preoccupazione per l’ospedale di Rovigo che ha perduto numerose professionalità. Sul “San Luca” di Trecenta, si evidenzia che, per un anno, si è discusso a vuoto in conferenza dei sindaci, non senza responsabilità della presidenza.
Centrale il problema dell’informazione e della trasparenza. Per questo l’interpellanza chiede che la giunta provinciale si faccia promotrice, presso i comuni sedi di punto sanità, dell’apertura di sportelli presso i quali raccogliere le segnalazioni degli utenti. Inoltre, chiede che l’amministrazione provinciale metta a disposizione di sindaci e cittadini uno spazio in internet dedicato alla discussione dei problemi della sanità.

Avvertenza. Riporto di seguito il testo dell’interpellanza. Quando possibile ho aggiunto gli opportuni link agli articoli pubblicati sul blog http://ospedaletrecenta.blogspot.com

Abbreviazioni. SOC, struttura operativa complessa; SOS Dpt, struttura operativa semplice dipartimentale.

A: Presidente della Provincia di Rovigo
Presidente del Consiglio Provinciale
Assessore Provinciale alla Sanità

Oggetto: interpellanza sulla sanità nell'Ulss 18.Parlare di sanità è sempre difficile ma sempre più necessario. La nostra provincia è strutturata in due Ulss e la n. 18 conta su due strutture ospedaliere. Prevalentemente, nell’Ulss 18, è stato l’ospedale “San Luca” di Trecenta a suscitare l’attenzione delle amministrazioni locali a causa dei profondi cambiamenti di cui è stato oggetto negli ultimi anni. Ma la struttura rodigina non è esente da problemi. Abbiamo appreso che recentemente l’assessore Guglielmo Brusco ha visitato il Day Hospital oncologico dell’Ospedale di Rovigo e l’accoglienza è risultata problematica per carenze strutturali, per l’alto numero di pazienti e per un livello non ottimale di privacy. Inoltre, in questi mesi, si sono registrate le dimissioni del primario di neurologia, dott Domenico De Grandis, e quella del responsabile del laboratorio analisi; entro dicembre si concretizzeranno, se già non è avvenuto, le dimissioni del primario di radiologia, dott. Navarro e di quello di urologia. Un’emorragia di professionalità che deve suscitare attenzione da parte delle amministrazioni locali.
Per quanto riguarda l’ospedale di Trecenta, oggetto di numerosissimi interventi pubblici da parte dell’assessore alla sanità Guglielmo Brusco, la situazione è ancor più problematica. Ricordo soltanto, a titolo esemplificativo, la riduzione della piena operatività del pronto soccorso, la riduzione delle prestazioni di oculistica e la perdita secca del reparto di riabilitazione pneumologica.
Dal agosto 2007, per iniziativa del sindaco di Trecenta, c’è stato un tentativo di fare sintesi e di predisporre una serie di obiettivi essenziali finalizzati al rilancio della struttura. Nata come iniziativa circoscritta ai comuni del distretto 2, si è allargata a tutti i comuni dell’Ulss 18 e alla Conferenza dei Sindaci. La Conferenza ha prodotto due documenti, il primo in data 22 ottobre 2007, particolarmente critico nei confronti della direzione dell’Ulss, e un secondo, in data 29 novembre 2007, che definiva tre richieste precise che ricordo di seguito:
- istituire presso il Presidio Ospedaliero di Trecenta almeno due Dipartimenti strutturali autonomi di cui uno Medico Multidisciplinare (l’attuale Dipartimento di Continuità Assistenziale con le dovute integrazioni) e uno Chirurgico e dell’Urgenza;
- prevedere nei Dipartimenti, oltre alle attuali SOC e SOS Dpt, un numero adeguato di SOS Dpt che garantisca una reale autonomia clinica e gestionale soprattutto nelle branche specialistiche mediche e chirurgiche;riacquisire le SOC di Pronto Soccorso e di Radiologia con relative le apicalità.
I documenti vengono inviati ai comuni dell’Ulss 18 per essere approvati dai rispettivi consigli. Alcuni comuni lo fanno subito, altri se ne dimenticano, altri approvano ma non ne informano il presidente della conferenza. Passano così lunghi mesi e riscuote scarsa partecipazione la riunione della conferenza dei sindaci convocata a Badia Polesine il 13 marzo 2008. I pochi intervenuti concordano di chiedere l’intervento degli assessori regionali Renzo Marangon e Isi Coppola. Incontro che avviene il 9 giugno scorso e al quale partecipa anche il consigliere regionale Carlo Alberto Azzi. Infine, il 26 agosto scorso, un’ulteriore riunione della conferenza dei sindaci, dopo un anno, conclude questo dibattito. Alla riunione viene invitato anche il direttore generale dell’Ulss 18 il quale ha ricordato l’apertura della “casa del parto” e l’inaugurazione delle vasche per l'idrokinesi terapia, avvenuta lo scorso 21 luglio. La presidenza della conferenza dei sindaci non ha ritenuto invece di invitare l’amministrazione provinciale che pure, in tante occasioni, ha dimostrato il proprio interessamento per l’ospedale San Luca. Il direttore generale non ha fatto alcun cenno ai servizi che, durante la sua gestione, sono stati ridotti, circoscritti o del tutto cancellati.
Ma non si tratta solo di omissioni. Ad esempio, il 20 settembre 2006, ha dichiarato «smentisco tutte le voci che vedono il reparto di riabilitazione pneumologica di prossima chiusura» (Il Resto del Carlino), e «non capisco tutti gli allarmismi diffusi nei giorni scorsi» (Il Gazzettino). Ebbene, sei giorni dopo, il 26 settembre 2006, firmava il decreto n. 699 con cui il reparto è stato accorpato a medicina e ha cessato di esistere.
Queste non sono omissioni, sono false comunicazioni sociali. E questo apre il vero problema: avere informazioni certe.In questo senso non siamo stati supportati dalla presidenza della conferenza dei sindaci che non è stata nemmeno in grado di dare notizia , e men che meno rilievo, alle iniziative che ha adottato. Il sito internet della conferenza, ospitato dall’azienda Ulss 18, è straordinariamente privo di informazioni; non risulta aggiornato nemmeno l’elenco delle riunioni della conferenza stessa e della rappresentanza. Inoltre c’è chi ha dovuto spendere cinque mesi in richieste reiterate per ottenere copia di due verbali della conferenza in cui si è discusso dell’ospedale di Trecenta.
Il problema della trasparenza si pone, in primo luogo, rispetto all’azienda stessa che ha profuso ogni sforzo per evitare il rilascio di copia del decreto 699/2006 per poi, finalmente, cedere dopo tre mesi di insistenze. Dal sito aziendale, dopo questo episodio, è stato deciso di eliminare anche la semplice pubblicazione dell’elenco dei decreti adottati dal direttore generale.
Quale fiducia possono avere i cittadini di fronte a questi esempi? E quale fiducia possiamo nutrire noi amministratori locali?
Occorre qualcosa di nuovo. Un sistema di comunicazione che raccolga le segnalazioni dei cittadini e le informazioni dell’Ulss e che verifichi le une e le altre. Uno spazio in cui gli amministratori locali parlino dei problemi della sanità con la necessaria continuità e concretezza, senza perdere il filo degli eventi. Un luogo in cui conservare documenti e testimonianze per averli, come amministratori locali, sempre accessibili, e per garantire al pubblico la stessa accessibilità.
Va poi considerato un altro ordine di problemi che va a rafforzare l’esigenza di iniziative urgenti. La legge affida tutto il potere gestionale al direttore generale dell’Ulss. Proprio per questo è ormai indispensabile contemperare questo fattore con un contatto diretto con la popolazione e con le associazioni che si occupano, in varie forme, di sanità.
Tutto ciò premesso,
si chiede alla Giunta
- se intenda farsi promotrice presso i Comuni, in particolare quelli sedi di punto sanità, dell’istituzione di appositi sportelli per la raccolta delle segnalazioni degli utenti;
- se intenda attivare opportuni strumenti informatici al fine di favorire la circolazione delle informazioni raccolte e di stimolare gli amministratori locali alla trattazione dei problemi riguardanti la sanità in Polesine.

Rovigo, 21/11/2008

Il Capogruppo
Giuliana Gulmanelli

giovedì 20 novembre 2008

Polanski: che brutto film vedete in Italia...


Berlusconi? Un furbastro. E poi il ritorno della destra in Europa, l'ignoranza dei giovani sull'Olocausto. In arrivo al Festival di Torino diretto da Nanni Moretti, il premio Oscar lancia un allarme: attenti ai fantasmi

Al minuto 27 della chiacchierata, iniziando a parlare di cinema italiano, Roman Polanski si alza dal divano di pelle nera del suo studio e va a prendere sulla scrivania una foto ritagliata da un giornale inglese. È un'immagine di Berlusconi colto mentre sale in auto sorridente e saluta a mano aperta: «Guardi che espressione. Mi fa molto ridere questa foto ed è emblematica: ha un sorriso da clown, pare una maschera, e saluta come Hitler. E guardi il contrasto tra il suo sguardo da giullare e quello truce e solenne delle sue guardie del corpo. Dice così tanto questa foto...». Già. «Onestamente io l'Italia non la capisco» prosegue il regista premio Oscar nel 2002 con Il Pianista. «Per me è del tutto impossibile prevedere dove state andando. Berlusconi sfida ogni norma, ogni regola alla base del funzionamento del Paese. È sorprendente. Una cosa che mi ha sempre preoccupato, sin da quando abitavo a Roma trent'anni fa, è che il vostro eroe nazionale, dalla letteratura al cinema - soprattutto al cinema - è sempre una specie di imbroglione. Piccoli truffatori, furbastri disonesti. Gli italiani amano questi furfanti: si danno di gomito e dicono "ah ah, guarda quello come li ha fregati tutti" (in italiano, ndr). Non so se è un'eredità dell'impero romano, ma è pericolosa. In ogni cultura c'è il personaggio un po' mascalzone e canaglia, ma mai al livello italiano. E ora avete eletto il re degli imbroglioni: uno come Totò».Roman Polanski, un teenager di 75 anni, ci ha accolto negli uffici della sua casa di produzione, la RP, nella elegante Avenue Montaigne a pochi passi dai Campi Elisi, in maglioncino grigio, jeans strappato sul ginocchio, mocassino nero e ciuffi bianchi impennati sul capo.Ebreo polacco, durante le persecuzioni razziali fu nascosto presso varie famiglie cattoliche pagate dai suoi genitori. La madre morì ad Auschwitz quando lui aveva otto anni. Il padre, la sorella e la nonna riuscirono invece a sopravvivere ai lager nazisti. Nel Pianista c'era tanto della sua storia personale. Inutilmente? «Sono molto preoccupato e turbato per il vento di destra che tira in Europa» dice. «Mio padre mi diceva: tra cinquant'anni sarete di nuovo punto e a capo. Pensavo fosse un masochista o un pessimista oltre ogni limite, e invece aveva ragione. Sembra che in questa fase la memoria umana sia più corta che mai. In passato la memoria collettiva durava di più. Ora forse i ragazzi hanno troppe cose da ricordare, non so, ma è stupefacente come non sappiano assolutamente niente di quello che è successo sessant'anni fa. Me ne accorgo parlando coi giovani tedeschi, polacchi, francesi. Non sanno cosa fu il nazismo o chi fosse Stalin. Non ne hanno la più vaga idea. Ho provato a spiegare, ma mi sono reso conto che è inutile. Mia figlia ha sedici anni, è brava, studia, legge. Eppure certi argomenti le restano difficili da comprendere. Scopre certe cose a scuola, mi fa domande e vedo quanto sia difficile spiegare le cause del nazismo. Le nuove generazioni non sanno di cosa si parli, non hanno i riferimenti culturali. Bisognerebbe fare loro delle lezioni, ma i ragazzi non amano le lezioni. Non ho ancora fatto vedere R pianista a mio figlio di dieci anni perché ho pensato che potesse essere solo una pena inutile per lui. Ora non saprebbe come mettere in relazione le cose che sono accadute allora e perché...


Dal Venerdi di Repubblica 14/11/2008

martedì 18 novembre 2008

L'errore della Gelmini: non capire che gli italiani vogliono bene alla scuola


Il ministro ha unito contro di sè studenti, professori e genitori quando ha spacciato gli "ordini" di Tremonti per una campagna anti-fannulloni.


Ho capito che Maristella Gelmini sarebbe andata a sbattere quando l’ho vista in posa sulla copertina di “Panorama”, sdraiata sullo scalone del Ministero della Pubblica Istruzione con un vestitino alla Audrey Hepburn, le braccia incrociate dietro la testa. Complimenti al fotografo, un po’ meno all’onorevole che pure nella sua rapida carriera aveva dato prova di capacità politiche non indifferenti.Forte dei sondaggi che la indicano al vertice della popolarità grazie al voto in condotta, i grembiulini e altri provvedimenti vintage d’omaggio alla scuola che fu, la ministra dev’essersi gasata un po’ e ha ignorato che stava operando in un luogo speciale, dove, se apri una vertenza, è d’obbligo premunirsi col massimo della delicatezza.Colpa delle corporazioni, dei sindacati, dei baroni universitari, della solita rivolta italiana contro la meritocrazia? Senz’altro c’è anche questo, e la Gelmini avrà pensato di riscuotere sempre più consensi lanciando una crociata contro i fannulloni e gli sprechi della scuola. Il metodo Brunetta applicato a un’istituzione gigantesca, facendo buon viso al cattivo gioco imposto dalla Finanziaria di Tremonti che richiede subito tre miliardi di tagli alla Pubblica Istruzione (più o meno la somma stanziata per pagare i debiti e gli ammortizzatori sociali dell’Alitalia) e lascia intendere che seguiranno altre sforbiciate.Qui la Gelmini è maldestramente inciampata, altro che adagiata sullo scalone del Ministero. Dando prova di dilettantismo politico, non ha colto l’effetto luttuoso che il suo decreto 137 avrebbe esercitato tra gli insegnanti e, di conseguenza, tra le famiglie e gli studenti. Strano che una politica così attenta ai sondaggi ignorasse proprio l’unico che non collima con la sua impostazione reazionaria: la scuola italiana è un’istituzione pubblica benvoluta. E’ stata un potente fattore d’integrazione dei bambini stranieri, grazie alla dedizione di tanti insegnanti e dirigenti che non hanno aspettato le direttive dall’alto per affrontare l’emergenza. Sopravvive al di sotto degli standard di qualità internazionali ma resta il luogo in cui per amore dei figli si partecipa, si cercano soluzioni comuni, s’intessono alleanze con i docenti più autorevoli.Ammesso e non concesso che il governo dovesse intraprendere un’azione severa di tagli alla spesa scolastica (mentre annuncia erogazioni cospicue a banchieri e industriali), tutto gli conveniva fare tranne che mascherarla come una campagna di moralizzazione. Dagli asili alle università, dagli studenti di sinistra a quelli di destra, la Gelmini è riuscita nel capolavoro di riunire contro di sé tutti i suoi interlocutori. Rivelando un pressappochismo di cui potrà magari incolpare i suoi pessimi consulenti, ma che lei ha sposato improvvisando un braccio di ferro là dove politici più navigati avrebbero manifestato contrizione e pazienza. Del resto la deformazione mediatica della ministra trova conferma nel goffo richiamo al riformismo di Barack Obama: un tentativo d’accaparramento di un marchio che appartiene alla concorrenza.Eviterò i soliti, logori richiami alla rivolta del Sessantotto, non a caso molto più presenti nel senso comune dei governanti di destra che tra i giovani protagonisti della protesta. Berlusconi sogna di avere l’autorità di un generale De Gaulle, capace di riportare l’ordine alla fine di un maggio francese turbolento con la celebre frase: “La ricreazione è finita”.Invece manca, in chi ci governa, un afflato di rispetto e dedizione per la sacralità della scuola pubblica. Sì, proprio così, non esagero parlando di sacralità. Indispettisce chi le affida i figli, offende chi vi trasmette cultura, esaspera i ragazzi trattati come bambini, la sensazione che a questa scuola non si dia la giusta importanza. Non le si vuole bene.
Gad Lerner - Vanity Fair 05/11/2008
Contributo inviato da Sara Muratore

venerdì 7 novembre 2008

Carineria


Il mostro unico


Cari studenti facinorosi, sono la vostra amata ministra Gelmini.

Dopo il cinque in condotta e il maestro unico, ho una nuova idea che potrà risollevare la scuola italiana.Da dove inizia l'istruzione? Dall'asilo. E proprio qui bisogna intervenire, perché i bambini diventino obbedienti e ligi al dovere. E le favole, con la loro sovrabbondante fantasia e il loro dissennato spreco di personaggi, li allontanano dal sano realismo e dal doveroso conformismo e alimentano il pericolo del fuori tema, della deboscia, della droga e del bullismo facinoroso.

Perciò per decreto legge istituisco il Mostro Unico.

Sarà proibito leggere favole che contengano più di un mostro o di un cattivo, con relativo aggravio per la spesa pubblica, e soprattutto si dovrà, in ogni fiaba, sottolineare la natura perversa, facinorosa e vetero-comunista di questo mostro.

Secondo il DMU (decreto mostro unico) sono proibiti ad esempio Biancaneve e i sette nani, perché Grimilde e la strega sono un costoso e inutile sdoppiamento di personalità nocivo all'immaginario dei giovani alunni, per non parlare dell'ambigua convivenza tra Biancaneve e i sette piccoli operai, di cui uno, Brontolo, sicuramente della Cgil.

Cappuccetto Rosso è ammesso, ma si sottolinei come il cacciatore è evidentemente della Lega e il lupo di origine transilvana e rumena.

Proibito Ali Babà e i quaranta ladroni, ne basta uno.

Abolito Peter Pan, troppi pirati che gravano sulle casse dello stato.

Abolito Pinocchio, anche accorpando il Gatto e la Volpe in un unico animale, restano il vilipendio ai carabinieri e il chiaro riferimento a Mediaset del paese dei balocchi.

Ammesso Pollicino ma dovrà chiamarsi Allucione ed essere alto uno e settanta, per non costituire un palese sberleffo al nostro amato presidente del consiglio.

Proibito Hansel e Gretel, perché i mostri sono due, la madre e la strega, e inoltre si parla troppo di crisi economica.

Proibito il brutto anatroccolo. Se uno è brutto, lo è per motivi genetici e tale resterà. Inoltre Andersen era gay.

Parimenti proibito Il Gatto con gli Stivali per la connotazione sadomaso.

Proibita, anzi proibitissima Cenerentola. Le cattive sono tre e assomigliano tutte a me. Cioè alla vostra ministra superficiale, impreparata e ciarliera.
Ma la vostra Ministra Unica.
Contributo inviato da Rosella Giarola

lunedì 3 novembre 2008

Ma è vero che le zingare rapiscono i bambini?


Una ricerca dell'università di Verona sfata una leggenda nera, vecchia di cinque secoli


Estate 2007, spiaggia di Isola delle Femmine, Sicilia.
Due donne rom chiedono l'elemosina. All'improvviso, una bagnante urla perchè vede "una zingara che sta cercando di rapire un bambino, nascondendolo sotto la gonna". La donna viene portata in carcere con l'accusa di tentato sequestro. Giornali e TV si affrettano a dare la notizia.
Un caso di cronaca come un altro? Non proprio, secondo una ricerca commissionata dalla Fondazione Migrantes all'Università di Verona.
L'intento: verificare quanti siano i bambini rapiti dai rom negli ultimi anni.
Risultato: nessuno, come racconta anche chi ha seguito lo studio, Sabrina Tosi Cambini, nel libro appena pubblicato La zingara rapitrice (Cisu, pagg. 140, 15 euro).
La ricercatrice analizza tutti i 29 casi di presunti rapimenti di bambini da parte di rom dal 1986 al 2007. Solo in 6 si è arrivati a processo e in 3, poi, ad una condanna per tentao sequestro, mai portato a termine.
Ma allora come si spiegano episodi come quello di Isola delle Femmine? "La bagnante vede una donna che risponde alla categoria di "zingara", spiega Sabrina Tosi Cambini, "subito si attiva lo stereotipo "Gli zingari rubano i bambini", che fa si che la situazione venga interpretata in maniera sbagliata. Non a caso, il giudice ha ordinato la scarcerazione della donna, sostenendo che i suoi movimenti, se compiuti da qualsiasi bagnante, sarebbero stati letti in maniera innocua".
E quando invece si arriva in tribunale? "Quelle poche volte", prosegue Tosi Cambini, "di solito è perchè sembra impossibile che una madre italiana inventi una cosa del genere su suo figlio. Il racconto viene dato per vero, specie se confrontato con quello di una persona di un gruppo socialmente "screditato", come sono i rom in Italia. Quegli stessi rom a cui vengono tolti con grande facilità i figli, per darli in affido a famiglie italiane.
"Le prime tracce della figura della "zingara ladra di bambini" risalgono a una commedia veneta del 1545, La zingana", spiega Leonardo Piasere, coordinatore della ricerca. "Questa figura è entrata nell'immaginario collettivo, come nelle più classiche leggende metropolitane".
Probabilmente, la leggenda aleggiava anche nella testa di quella turista italiana che l'11 settembre ha creduto di vedere in Grecia la piccola Denise Pipitone (scomparsa nel 2004), in compagnia di una falsa madre. Rom , naturalmente.

Elisabetta Ambrosi (Vanity Fair, numero speciale 5° anniversario, Ottobre 2008)
Contributo inviato da Sara Muratore