domenica 31 maggio 2009

LA VERITÀ AD PERSONAM

Berlusconi, un mese dopo, risponde alle domande che si fa da solo. Minorenni? «Non ho detto niente». Sesso con le minorenni? «Assolutamente no, ho giurato sulla testa dei miei figlie sono consapevole che se fossi uno spergiuro mi dovrei dimettere, un minuto dopo averlo detto». (Il Cavaliere ha memoria corta. Già gli è capitato di giurare sulla testa dei figli per negare che Fininvest avesse un «comparto off-shore, very secret », All Iberian. Ora che quell' arcipelago di "fondi neri" ha trovato una documentata conferma, il capo del governo ha dimenticato quel fragoroso spergiuro). La mossa del presidente segue un sentiero che gli è familiare fino all' abitudine. Rovescia il tavolo per uscire dall' angolo in cui si è cacciato con la sua apparizione in un ristorante di Casoria per festeggiare una diciottenne. Stende un velo sui tre eventi che egli stesso si è combinato: l' incomprensibile presenza in una periferia napoletana; l' offesa pubblica alla moglie; scelte politiche che hanno convinto Veronica Lario a parlare di «ciarpame politico». Se questo "caso Berlusconi", come si è voluto accreditare, fosse stato soltanto una pruderie, magari il colpo di teatro del premier sarebbe stato anche efficace. FIN dall' inizio, però, questa storia non ha avuto nessuna parentela (o soltanto un legame forzato) con il gossip. Lo dimostrano con l' evidenza della luce le quattro parole («Non ho detto niente») con cui Silvio Berlusconi liquida l' intero rosario di discorsie ricordi offerto nel monologo a Porta a porta, in tre interviste ufficiali ( France 2, Corriere della sera e Stampa ), nelle molte conversazioni ufficiose con i cronisti, nella pubblica promessa di «spiegare tutto» ( Cnn ). Della ricostruzione che il capo del governo ha proposto all' opinione pubblica non è rimasto in piedi, dopo quattro settimane, nemmeno un muro. Il think tank di Gianfranco Fini ( farefuturo) e Veronica Lario lo accusano di selezionare la nuova élite politica del Paese negli studi televisivi, nei set dei reality, magari tra i cactus di Villa Certosa tra «le vergini che si offrono al drago». Il Cavaliere nega di aver mai voluto candidare alle Europee "veline" qualche ora prima che veline e soubrette confermino di aver firmato per quelle candidature. Veronica Lario svela che il premier «frequenta minorenni» posseduto da un' ossessione per il sesso che ne pregiudica la salute («non sta bene») e il presidente del consiglio ha dichiarato in tv di non frequentare minorenni e di stare benissimo. Salta però fuori una minorenne (Noemi) che certamente ha frequentato e frequenta. Per giustificarne gli incontri, Berlusconi s' ingarbuglia in una, due, tre, quattro versioni. Quanto più corregge e contraddice la sua memoria, tanto più offre ricostruzioni che stanno in piedi come un sacco vuoto. La risposta alle dieci domande che Repubblica avrebbe voluto fargli, se avesse accettato di essere intervistato, avrebbero potuto chiudere la partita, restituire al premier l' attendibilità perduta, ridimensionare una criticità che distrugge la sua reputazione (e quella dell' Italia) nel mondo. Ha preferito tacere, invece. Con ostinazione continua a tacere oggi mentre gli "arrangiamenti" si sbriciolano come un biscotto sotto la pressione di qualche interrogativo rivolto ai protagonisti. Un testimone attendibile, ex-fidanzato di Noemi, racconta di un uomo di 73 anni, capo del governo di un Paese con molte difficoltà da affrontare, che telefona in un pomeriggio autunnale del 2008 a una diciassettenne per dirle come sia «angelico» il suo viso e «puro» il suo sguardo. Decide di «allevarla». La invita a Roma, a Milano, in Sardegna quando - confessa la ragazza - si sente solo. La colma di regali e attenzioni. Il testimone, con un guaio giudiziario alle spalle, costringe Berlusconi a smentire se stesso. Il Cavaliere aveva detto di aver incontrato la ragazza sempre alla presenza dei suoi genitori, deve smentirsi: è vero, l' ho invitata - era ancora minorenne - prima a Villa Madama, poi a Villa Certosa e i genitori non c' erano. Si comprende, allora, perché il premier non risponda alle sollecitazioni: non può rispondere ad alcuna domanda senza danneggiare irrimediabilmente se stesso e un futuro luminoso progettato per concludersi al Quirinale. L' «unità di crisi», che lo consiglia, si convince a incamminarsi per la solita strada del «complotto», ma è ancora fresco nel ricordo di tutti che è stato lo stesso Berlusconi a costruire la trappola che lo tiene prigioniero senza voler ricordare che i protagonisti di quest' affare sono direttamente o indirettamente "berlusconiani", passando per Veronica Lario, da farefuturo al testimone, che svela il primo contatto tra il premier e la diciassettenne. La teoria del complotto diventa un soufflé sgonfio. Berlusconi, alle strette, riconverte i suoi passi verso una direzione che conosce bene e gli ha portato sempre fortuna: «non ho detto niente». Il «non ho detto niente» di Berlusconi è la formula che contiene il nucleo stesso del suo sistema politico perchéè il dispositivo che cancella ogni distinzione tra vero e falso. Con quel «non ho detto niente» il premier vuole eliminare, non solo le sue contraddizioni e incoerenze, ma anche gli eventi e i fatti concreti, il loro ricordo nella mente dei testimoni e dell' opinione pubblica. Pretende che sia accettato il suo personale canone secondo il quale non esiste alcun modo di stabilire che cosa sia vero perché «non esiste un criterio di verità praticabile» se si esclude ciò che viene dichiarato vero al momento. Il premier (consapevolmente o meno, non importa) ci invita a dare fede soltanto alle «credenze» che naturalmente possono essere cancellate il giorno successivo (e qui è un gioco da ragazzi per chi controlla stampa e network tv). In questo mondo di cartapesta la verità dura un solo giorno e il Gran Bugiardo che lo ha fabbricato non può mai essere accusato di mentire perché ha abolito l' idea stessa della verità. Al fondo del "caso Berlusconi", che soltanto occasionalmente ha incrociato la vita di una ragazza e di una famiglia, c' è - come direbbe Leszek Kolakowski - «il cuore di una nuova civilizzazione» che abolisce l' idea stessa di verità. Che rende indifferente sulla scena politica l' attendibilità del premier perché il premier può affatturarsi la realtà come meglio gli conviene in quel momento, salvo poi rimodellarla il giorno dopo. Non tutti dalle nostre parti hanno compreso, contrariamente a quanto è stato subito chiaro alla stampa di mezzo mondo, che il "caso Berlusconi" oggi ci parla di minorenni, ma contemporaneamente o domani ci può parlare di disoccupazione, sviluppo, recessione, fisco, terremoto, famiglia, Europa, rifiuti: in una parola, del destino del Paese perché mette in gioco la sua rappresentazione pubblica e l' affidabilità di chi lo governa. È a questa prova che Berlusconi sfugge rispondendo soltanto alle domande che egli stesso si pone senza nemmeno rendersi conto quanto avvilente sia vederlo apparire nei tg della sera per giurare che non fa sesso con le minorenni. Per evitare dieci domande, il premier preferisce questa umiliazione e, peggio, decide di inoltrarsi sempre di più in un vicolo cieco che minaccia di soffocarlo. Giurare sulla testa dei figli che non ha «rapporti piccanti» con le minorenni, pena le dimissioni immediate, è una sfida funesta che lo rende debole, soprattutto ricattabile. Qualunque minorenne - ed è ormai provato che a Berlusconi capita di frequentarle - può inventarsi la bubbola e scatenare un terremoto istituzionale. Questa è la strada sdrucciolevole che ha scelto il premier, costretto a scendere nei sotterranei del suo castello di bugie, incapace di spiegare perché ha mentito, a dire che cosa lo ha costretto a mentire, che cosa ancora oggi gli impone di tacere la verità. Questo è il dramma di un uomo e di un politico che è il capo del governo italiano.

GIUSEPPE D' AVANZO

venerdì 22 maggio 2009

Documentario sul Verzaro

Segnalo questo documentario, a cura di Rosalba Lazzarin (Legambiente, Adria), Paolo Rabacchin (Apida, Badia Polesine) e Claudio Vallarini (WWF, Badia Polesine), ricco di informazioni sullo Stadio ex 'Polisportivo del Littorio-O.Verzaro' di Badia Polesine. Un bene architettonico e storico da salvare.

Clicca su http://www.youtube.com/watch?v=8CuMb10d_Bo (durata, 5'28'').

lunedì 18 maggio 2009

Le mani che pregano e quelle che respingono

QUEI guanti di lattice, che servono a non toccare l' orrore, sono come il nostro pensiero, come i nostri ragionamenti sull' immigrazione-sì e l' immigrazione-no, le quote, i conteggi, i controlli, le leggi. LE GUARDIE di finanza usano guanti di gomma e noi usiamo guanti mentali. Proprio come loro li indossiamo per non entrare in contatto con il male fisico, con la sofferenza dei corpi. Ma bastano una, due, tre foto come queste per farci scoprire la fisicità. Le guardiamo infatti senza più la mediazione della logica, ne percepiamo l' efferatezza e la bruttura. E saltano i ragionamenti, non c' è più bibliografia, sparisconoi distinguo del "però questo è un problema complesso". Ecco dunque la banalissima verità che sta dietro ai nostri dibattiti, al nostro accapigliarci sull' identità e sulle frontiere: stiamo buttando fuori a calci in faccia dei poveretti che ci pregano in ginocchio stringendo le mani delle nostre guardie di finanza, mani schifate e dunque inguantate. E ci cade a terra anche la penna perché l' occhio è molto più veloce e diretto dell' intelligenza con la quale siamo abituatia mentalizzare il mondo. Ci cade la penna perché capire e spiegare è già tradire l' orrore, significa infatti infilarsi il guanto dell' orientamento politico, dei libri che abbiamo letto, della nostra battaglia contro la xenofobia, significa parlare dell' esplosione demografica e del deflusso inarrestabile dell' umanità dai paesi dell' infelicità a quelli dell' abbondanza...E invece qui non si tratta né di cultura né di generosità, qui il pensiero si mostra per quel che è: un guanto di lattice, appunto. Qui ci sono da un lato i corpi tozzi, grassi e forti della Legge, la nostra legge,e dall' altro latoi corpi umiliatie maltrattati dei disperati che non vogliamo in casa nostra e che respingiamo. E nella loro sofferenza c' è un surplus di mistero che non si esprime necessariamente nella magrezza e nelle cicatrici perché - guardateli bene - quei corpi avviliti sono ben più vigorosi dei corpi sformati degli aguzzini che ci rappresentano, degli italiani "brava gente" con il manganello. Sembrano addirittura più sani, certamente sono più vivi. Dunque ancora una volta è l' occhio l' organo vincente. Ancora una volta scopriamo che la mente ci abitua a non vedere le cose. E' infatti facile dire che in casa nostra devono entrare solo quelli che hanno un permesso di lavoro e che ci vuole un legge per facilitare le espulsioni dei clandestini. Grazie alle foto dei reporter di Paris Match ora sappiamo che tutto questo significa una scarponata sulle dita di una mano aggrappata alla murate di un' imbarcazione , o un pugno sui denti o... A Porta a Porta o a Ballarò si può trovare una motivazione per tutto, si può spiegare ogni cosa. Ma davantia queste foto ragionare diventa un crampo. Guardate che cosa è la fisicità della politica della dolce e bella Italia: respingere a calci, prendere di peso gli infelici e buttarli fuori dalla ' Bovienzo' che fa servizio da Lampedusa a Tripoli, portarli davanti alle coste libiche e far credere loro che è ancora Italia, trascinarli a terra nudi. E non sono foto di scena, immagini di un film, non sono finzioni. E' davvero questa la nostra politica, con un rapporto stretto tra quello che qui stiamo vedendo e quello che qui non si vede. La nave Bovienzo infattiè come le nostre strade di notte dove piccole creature nere si vendono ai camionisti. La Bovienzo è la violenza sulle donne, anche quella che ci viene restituita in forma di stupro. La Bovienzo sono i soprusi e il disprezzo per i miserabili. La Bovienzo sono le ronde razziste e i barboni bruciati. La Bovienzo è l' Italia dei mille divieti e dei mille egoismi. La Bovienzo è l' Italia generosa che è diventata feroce per paura. La Bovienzo è l' Italia che guardando queste foto si riconosce irriconoscibile: ma davvero siamo noi?


FRANCESCO MERLO

Repubblica 15/05/2009

Le dieci domande mai poste al Cavaliere

REPUBBLICA ha chiesto, nei giorni scorsi, di rivolgere al presidente del Consiglio dieci domande sulle incoerenze e le omissioni di una storia che molti definiscono "di Veronica" o "di Noemi" e nessuno azzarda a definire per quel che è o appare: un "caso Berlusconi". Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, lunedì, ha chiesto due giorni per dare un risposta. Quella risposta non è arrivata. Per non dissimulare, come vuole il nuovo conformismo dell' informazione italiana, ciò che dovrebbe essere chiarito, pubblichiamo oggi le domande che avremmo voluto rivolgere al premier: nascono dalle contraddizioni che abbiamo creduto di riscontrare tra le sue dichiarazioni e quelle degli altri protagonisti della vicenda. Vediamole. Silvio Berlusconi ha detto: «Credo che chi è incaricato di una funzione pubblica, come il presidente del Consiglio, possa accettare la continuazione di un rapporto con la sua consorte, Veronica Lario soltanto se si chiarisce chi ha provocato questa situazione». (Porta a Porta, 5 maggio). Repubblica concorda con Silvio Berlusconi. È evidente che, nonostante il frastuono mediatico di queste ore, non si discute di un divorzio o di una separazione, affare privato di due coniugi. Come ha chiaro il premier, la questione interroga i comportamenti di «un incaricato di una funzione pubblica». In quanto tali, quei comportamenti sono sempre di pubblico interesse e non possono essere circoscritti a un ambito familiare. D' altronde, la signora Veronica Lario, nelle sue dichiarazioni del 29 aprile e del 3 maggio, offre all' attenzione dell' opinione pubblica due certezze personali e una domanda. Le due certezze descrivono, tra il pubblico e il privato, i comportamenti del presidente del Consiglio: «Mio marito frequenta minorenni»; «Mio marito non sta bene». La domanda, posta dalla signora all' opinione pubblica e a chi in vario modo la rappresenta, è invece tutta politica e chiama in causa le pratiche del «potere», il suo modo di essere, che si degrada e si avvilisce pericolosamente quando a rappresentare la sovranità popolare vengono chiamate "veline" senza altro merito che un bell' aspetto e la prossimità al premier. «Quello che emerge oggi, attraverso il paravento delle curve e della bellezza femminile, è la sfrontatezza e la mancanza di ritegno del potere che offende la credibilità di tutte le donne (...). Qualcuno ha scritto che tutto questo è a sostegno del divertimento dell' imperatore. Condivido, quello che emerge dai giornali è un ciarpame senza pudore». (Ansa, 28 aprile, 22,31) Silvio Berlusconi ha replicato, a caldo, evocando un complotto «della sinistra e della sua stampa che non riescono ad accettare la mia popolarità al 75 per cento (...) Tutto falso, nato dalla trappola in cui anche mia moglie purtroppo è caduta. Le veline sono inesistenti. Un' assoluta falsità». (Porta a porta, 5 maggio) E' il primo ingombro che bisogna verificare. Questa storia è soltanto una trappola bene organizzata? E' vero, se di complotto si tratta, che nasconde la mano della sinistra e della «sua stampa»? Il primo quotidiano che dà conto della candidatura di una "velina" alle elezioni europee è il Giornale della famiglia Berlusconi. Il 31 marzo, a pagina 12, nella rubrica Indiscreto a Palazzo si legge che «Barbara Matera punta a un seggio europeo». «Soubrette, già "Letterata" del Chiambretti c' è, poi "Letteronza" della Gialappa' s, quindi annunciatrice Rai e attrice della fiction Carabinieri», la Matera, scrive il Giornale, «ha voluto smentire i luoghi comuni sui giovani che non si applicano e non si impegnano. "Dicono che i ragazzi perdino tempo. Non è vero: io per esempio studio molto"». «E si vede», commenta il giornale di casa Berlusconi. Il secondo giornale che svela «la carta segreta che il Cavaliere è pronto a giocare» è Libero, il 22 aprile. Notizia e foto di prima pagina con «Angela Sozio, la rossa del Grande Fratello e le gemelle De Vivo dell' Isola dei famosi, possibili candidate alle elezioni europee». A pagina 12, le rilevazioni: «Gesto da Cavaliere. Le veline azzurre candidate in pectore» è il titolo. «Silvio porta a Strasburgo una truppa di showgirl» è il sommario. Per Libero le «showgirl», che dovranno superare un colloquio, sono ventuno (in lista i candidati a un seggio di Bruxelles, come si sa, sono settantadue). I nomi che si leggono nella cronaca sono: Angela Sozio, Elisa Alloro, Emanuela Romano, Rachele Restivo, Eleonora Gaggioli, Camilla Ferranti, Barbara Matera, Ginevra Crescenzi, Antonia Ruggiero, Lara Comi, Adriana Verdirosi, Cristina Ravot, Giovanna Del Giudice, Chiara Sgarbossa, Silvia Travaini, Assunta Petron, Letizia Cioffi, Albertina Carraro. Eleonora e Imma De Vivo e «una misteriosa signorina» lituana, Giada Martirosianaite. Difficile sostenere che Il Giornale e Libero siano fogli di sinistra. Come è arduo credere che la Fondazione farefuturo , presieduta da Gianfranco Fini, sia un pensatoio vicino al partito democratico. Il think tank, diretto dal professor Alessandro Campi, vuole «far emergere una nuova classe dirigente adeguata a governare le sfide della modernità e della globalizzazione» . Coerentemente critica l' uso di «uno stereotipo femminile mortificante» e con un' analisi della politologa Sofia Ventura avverte che «il "velinismo" non serve». Nell' articolo si legge : «Assistiamo a una dirigenza di partito che fa uso dei bei volti e dei bei corpi di persone che con la politica non hanno molto da fare, allo scopo di proiettare una (falsa) immagine di freschezzae rinnovamento. Questo uso strumentale del corpo femminile, denota uno scarso rispetto per le istituzioni e per la sovranità popolare che le legittima». Quando la signora Lario prende (buonultima) la parola per censurare il "velinismo" - e «il ciarpame senza pudore» del potere - non si muove nel vuoto, ma su un terreno già smosso dalle rivelazioni dei giornali vicini al premier e dalle analisi critiche di intellettuali prossimi alla maggioranza di governo. Questo "caso" non ha inizio con un intrigo, come protesta Berlusconi, ma trova la sua trasparente ragione nella preoccupazione di ambienti della destra per un «impoverimento della qualità democratica di un paese» (ancora la Ventura). Rimosso il presunto «complotto», resta il "caso" politico, dunque. Un "caso" che diventa anche familiare, quando Veronica Lario scopre che Silvio Berlusconi ha partecipato a Napoli alla festa di compleanno di una diciottenne (Repubblica, 28 aprile). E ancora una volta politico quando la signora, annunciando la sua volontà di divorziare, denuncia pubblicamente i comportamenti di un marito che, «incaricato di una pubblica funzione», «frequenta minorenni», prigioniero com' è di un disagio che minaccia il suo equilibrio psicofisico. Il presidente del Consiglio ha replicato ai rilievi della signora Lario con due interviste alla carta stampata (Corriere della Sera e la Stampa, 4 maggio) e con un lungo monologo a Porta a Porta. In queste tre sortite pubbliche, la ricostruzione degli avvenimenti di cui si discute (la candidatura di giovani donne selezionate per la loro bellezza e amicizia con il premier; il suo affetto per Noemi Letizia, maggiorenne il 26 aprile; la partecipazione alla festa di compleanno; il lungo sodalizio amicale con la famiglia Letizia) ha avuto, da parte di Berlusconi, una parola definitiva, ma o contraddittoria o omissiva. Berlusconi nega di aver mai avuto intenzione di candidare «soubrette». «Non avevamo messo in lista nessuna "velina"» (Corriere, 4 maggio) Noemi lo chiama «papi». Perché? A chi glielo chiede, replica: « E' uno scherzo, mi volevano dare del nonno, meglio mi chiamino papi. Non crede?» (Corriere, 4 maggio). Berlusconi è più preciso con la Stampa (4 maggio): «Io frequenterei, come ha detto la signora Lario, delle diciassettenni. E' una cosa che non posso sopportare. Io sono amico del padre punto e basta. Lo giuro!» E' la stessa versione offerta a France2 .( 6 maggio) Quando il presidente del Consiglio spiega le circostanze della frequentazione con Noemi Letizia - si tratta di un' antica amicizia di natura politica con il padre, dice - il giornalista lo interrompe per chiedere: «...dunque Noemi non è una ragazza che lei conosceva personalmente?». Berlusconi risponde: «No, ho avuto l' occasione di conoscerla tramite i suoi genitori. Questo è tutto». La versione di Berlusconi è contraddetta in tutti i suoi elementi dalle interviste che Noemi Letizia concede. Noemi così ricostruisce il suo legame affettivo con il presidente del Consiglio: «Mi vuole bene come a un figlia. E anch' io, noi tutti gli siamo molto legati». (Repubblica, 29 aprile) Al Corriere del Mezzogiorno, il 28 aprile, consegna dettagli chiave. «Berlusconi, papi mi ha allevata (...) E' un amico di famiglia. Dei miei genitori (...) non mi ha fatto mai mancare le sue attenzioni. Un anno per il mio compleanno, ricordo, mi ha regalato un diamantino. Un' altra volta, una collanina. Insomma, ogni volta mi riempie di attenzioni. (...) Lo adoro. Gli faccio compagnia. Lui mi chiama, mi dice che ha qualche momento libero e io lo raggiungo. Resto ad ascoltarlo. Ed è questo che desidera da me. Poi, cantiamo assieme. (...) Quando vado da lui ha sempre la scrivania sommersa dalle carte. Dice che vorrebbe mettersi su una barca e dedicarsi alla lettura. Talvolta è deluso dal fatto che viene giudicato male, gli spiego che chi lo giudica male non guarda al di là del proprio naso. Nessuno può immaginare quanto papi sia sensibile. Pensi che gli sono stata vicinissima quando è morta, di recente, la sorella Maria Antonietta. Gli dicevo che soltanto io potevo capire il suo dolore. (...) Da grande vorrò fare la showgirl. Mi interessa anche la politica. Sono pronto a cogliere qualunque opportunità. (...) Preferisco candidarmi alla Camera, al parlamento. Ci penserà papi Silvio». Nel racconto di Noemi c' è la narrazione di un rapporto diretto, intenso con il presidente del Consiglio. Che le fa tre regali per il 16°, 17° e 18° compleanno. Quindi, si può concludere, Berlusconi ha conosciuto Noemi quindicenne. Nel loro rapporto non c' è alcun ruolo o presenza dei genitori. Noemi non vi fa alcun riferimento e non è corretta dalla madre, presente al colloquio con Angelo Agrippa del Corriere del Mezzogiorno. Berlusconi ha tentato di ridimensionare il legame con la minorenne: «Ho incontrato la ragazza due o tre volte, non ricordo, e sempre alla presenza dei genitori». I genitori non hanno ancora confermato le parole del premier. Durante l' incontro con il giornalista, la signora Anna Palumbo - madre di Noemi - interviene soltanto per specificare le circostanze in cui Berlusconi ha conosciuto suo marito, Benedetto "Elio" Letizia. Dice: «Berlusconi ha conosciuto mio marito ai tempi del partito socialista. Ma non possiamo dire di più». Noemi non è così evasiva quando affronta una delle questioni decisive per questa storia. E' addirittura esplicita. Ella ritiene di poter ottenere da Berlusconi l' opportunità di fare spettacolo o, in alternativa, di essere eletta in parlamento. Televisione o scranno a Montecitorio. Le aspettative di Noemi, sollecitate dalle attenzioni (o promesse) di Berlusconi, sono in linea con le riflessioni critiche di farefuturo, il think tank di Gianfranco Fini («Le donne non sono gingilli») e della signora Lario («Ciarpame senza pudore»). Quando e dove e come si sono conosciuti Berlusconi ed Elio Letizia è un altro enigma di questa storia che raccoglie versioni successive e contraddittorie. A Varsavia Berlusconi dice: Berlusconi, dunque, partecipa alla festa per un atto di affetto nei confronti di Elio Letizia. Non si parla di Noemi né di altra necessità politica o urgenza di altra natura. Diversa la versione offerta, lo stesso giorno (4 maggio) alla Stampa: «Elio lo conosco da anni, è un vecchio socialista ed era l' autista di Craxi». (Ansa, 29 aprile, 16,34) Quando la circostanza è subito negata da Bobo Craxi («Cado dalle nuvole. L' autista di mio padre si chiamava Nicola, era veneto, ed è morto da qualche anno»,( Ansa, 29 aprile, 16,57), deve intervenire Palazzo Chigi, con un imbarazzato ritardo di venti ore, per smentire a sua volta: «Si rileva che il presidente Berlusconi non ha mai detto che il signor Letizia fosse autista dell' on, Bettino Craxi» (Ansa, 30 aprile, 12,30). Dal suo canto, Letizia non vuole ricordare in pubblico come e dove e quando ha conosciuto Berlusconi. Chi lo interroga raccoglie soltanto parole vuote. «Volete sapere come ho conosciuto Berlusconi? Va bene, ve lo dico, però allora vi racconto anche come ho conosciuto tutte le persone che conosco...». (Corriere, 10 maggio) In qualche altra occasione, il rifiuto di Letizia a raccontare il primo incontro con il futuro premier è ancora più categorico: «Non ho alcuna intenzione di farlo» (Oggi, 13 maggio) Anche Noemi non ha voglia di offrire rievocazioni: «Non ricordo i particolari
14 maggio 2009