giovedì 20 novembre 2008

Polanski: che brutto film vedete in Italia...


Berlusconi? Un furbastro. E poi il ritorno della destra in Europa, l'ignoranza dei giovani sull'Olocausto. In arrivo al Festival di Torino diretto da Nanni Moretti, il premio Oscar lancia un allarme: attenti ai fantasmi

Al minuto 27 della chiacchierata, iniziando a parlare di cinema italiano, Roman Polanski si alza dal divano di pelle nera del suo studio e va a prendere sulla scrivania una foto ritagliata da un giornale inglese. È un'immagine di Berlusconi colto mentre sale in auto sorridente e saluta a mano aperta: «Guardi che espressione. Mi fa molto ridere questa foto ed è emblematica: ha un sorriso da clown, pare una maschera, e saluta come Hitler. E guardi il contrasto tra il suo sguardo da giullare e quello truce e solenne delle sue guardie del corpo. Dice così tanto questa foto...». Già. «Onestamente io l'Italia non la capisco» prosegue il regista premio Oscar nel 2002 con Il Pianista. «Per me è del tutto impossibile prevedere dove state andando. Berlusconi sfida ogni norma, ogni regola alla base del funzionamento del Paese. È sorprendente. Una cosa che mi ha sempre preoccupato, sin da quando abitavo a Roma trent'anni fa, è che il vostro eroe nazionale, dalla letteratura al cinema - soprattutto al cinema - è sempre una specie di imbroglione. Piccoli truffatori, furbastri disonesti. Gli italiani amano questi furfanti: si danno di gomito e dicono "ah ah, guarda quello come li ha fregati tutti" (in italiano, ndr). Non so se è un'eredità dell'impero romano, ma è pericolosa. In ogni cultura c'è il personaggio un po' mascalzone e canaglia, ma mai al livello italiano. E ora avete eletto il re degli imbroglioni: uno come Totò».Roman Polanski, un teenager di 75 anni, ci ha accolto negli uffici della sua casa di produzione, la RP, nella elegante Avenue Montaigne a pochi passi dai Campi Elisi, in maglioncino grigio, jeans strappato sul ginocchio, mocassino nero e ciuffi bianchi impennati sul capo.Ebreo polacco, durante le persecuzioni razziali fu nascosto presso varie famiglie cattoliche pagate dai suoi genitori. La madre morì ad Auschwitz quando lui aveva otto anni. Il padre, la sorella e la nonna riuscirono invece a sopravvivere ai lager nazisti. Nel Pianista c'era tanto della sua storia personale. Inutilmente? «Sono molto preoccupato e turbato per il vento di destra che tira in Europa» dice. «Mio padre mi diceva: tra cinquant'anni sarete di nuovo punto e a capo. Pensavo fosse un masochista o un pessimista oltre ogni limite, e invece aveva ragione. Sembra che in questa fase la memoria umana sia più corta che mai. In passato la memoria collettiva durava di più. Ora forse i ragazzi hanno troppe cose da ricordare, non so, ma è stupefacente come non sappiano assolutamente niente di quello che è successo sessant'anni fa. Me ne accorgo parlando coi giovani tedeschi, polacchi, francesi. Non sanno cosa fu il nazismo o chi fosse Stalin. Non ne hanno la più vaga idea. Ho provato a spiegare, ma mi sono reso conto che è inutile. Mia figlia ha sedici anni, è brava, studia, legge. Eppure certi argomenti le restano difficili da comprendere. Scopre certe cose a scuola, mi fa domande e vedo quanto sia difficile spiegare le cause del nazismo. Le nuove generazioni non sanno di cosa si parli, non hanno i riferimenti culturali. Bisognerebbe fare loro delle lezioni, ma i ragazzi non amano le lezioni. Non ho ancora fatto vedere R pianista a mio figlio di dieci anni perché ho pensato che potesse essere solo una pena inutile per lui. Ora non saprebbe come mettere in relazione le cose che sono accadute allora e perché...


Dal Venerdi di Repubblica 14/11/2008

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