lunedì 27 ottobre 2008

Il ritorno del Popolo

Repubblica — 26 ottobre 2008

"L' Italia - dice Veltroni gettando lo sguardo all' orizzonte - è un paese migliore della destra che lo governa". Benissimo. Ma il dubbio è che l' Italia alla quale si rivolge il leader del Pd, in piedi nella polvere e seduta sull' erba dello stadio, sia tale anche perché ha compreso che la politica è qualcosa di più e di meglio che dividersi su ogni cosa, specie nello stesso partito, restandone immusonita e a braccia conserte senza produrre niente di nuovo. Il Circo Massimo è pieno, ci mancherebbe. Scenario di ragguardevole bellezza, ruderi e cipressi. Atmosfera serena, partecipazione matura, a tratti perfino gioiosa. Riuscita mescolanza musicale, tutto sommato, nei cortei e sul palco, i Beatles e Bella ciao, gli U2 e Fratelli d' Italia, magari anche Pezzali, chiamato a intrattenere la piazza democratica, di sicuro l' orchestra multietnica di Piazza Vittorio. E poi non ha nemmeno piovuto, come doveva. Tutti contenti, è fatta, anche oggi, evviva. Chissà se alla fine, sotto le nuvole color del piombo, a qualcuno è venuto in mente che quella bella piazza conteneva una specie di lezione. Se la prossima volta, invece che in vista sul palco, sotto il baldacchino, dietro le transenne che delimitavano l' area dei notabili da quella della gente comune, ecco, magari sarebbe potuta andare ancora meglio se i D' Alema, i Rutelli, i Bettini, i Fassino, le Melandri, i Fioroni, i Ranucci, addirittura, invece che lassù, debitamente in vetrina, si fossero mischiati ai manifestanti per raccoglierne più da vicino la voce e anche l' energia. Quale prodigio, insomma, se i dirigenti fossero stati ancora più vicini alla loro gente, rinunciando al ruolo necessariamente privilegiato, in mezzo alla calca, sulla spianata, dove si sta scomodi, o laggiù in fondo, dove non si vede niente, dietro i gazebo, come tutti, come gli altri, come gli ultimi. Che poi, notoriamente, sono i primi. Perché i primi, appunto, sono quelli venuti da lontano, con i treni speciali, quelli normali, e i pullman. Da Avetrana, per dire, lontano Salento, viaggio notturno, a partire dalla mezzanotte, 5 euro e una scorta di bottigliette d' acqua, "a volontà" dice uno con rassicurante allegria. Prima sosta a Canne della Battaglia, per la pipì, poi alla stazione di servizio Casilina. Il pullman li ha lasciati all' Eur, qui hanno fatto colazione, poi hanno preso la metro e adesso sono alla stazione Ostiense. Occhi rossi e piedi gonfi: per il Partito democratico. Così è accaduto. "Io - dice fiero un agricoltore - ho perso una giornata di lavoro". In realtà l' ha regalata al Pd: forse dovrebbero tenerne conto gli ex affittuari del loft, le cui finestre chiuse sono a meno di cento metri dal maxi palco. Per alcuni è un sacrificio, per la maggior parte un divertimento. Comunque la signora con la cerata rossa della Cgil ha 79 anni, viene da Torino ed è partita alle 23,30. Solo quando si potrà leggere questo articolo sarà, forse, tornata di nuovo a casa sua. Forse, potrebbero farci un pensierino gli strateghi di una sconfitta che hanno così duramente fatto fatica a riconoscere. Dividendosi invece di reagire compatti. "Vieni mo' a mangiare": questi manifestanti vengono da Bologna e hanno preso il treno alle 6 e mezzo, sveglia alle quattro. Stanchi? "Mo' no, è normale" sorridono: il partito chiama e loro rispondono, è così dai funerali di Togliatti, gli succede ogni anno di venire a Roma. Uno divora un bignè, camminando; un altro tira il respiro e allunga il passo. I bolognesi, naturalmente, hanno tutti il cappelletto bianco e la bandiera nuova. I napoletani si salutano e si abbracciano, rumorosamente. Arrivano a Roma sospinti da qualcosa di cui s' è persa la traccia, lo spirito della militanza. Senza che alcuno li accolga come si dovrebbe, con un caffè, un panino, un arancio, qualcosa. Ma pazienza, sono abituati a non avere la vita facile. A Ostiense l' onorevole Franceschini gli stringe la mano, firma autografi sui berretti e fa un paio di interviste televisive. Dopo una mezzora se ne va e i treni continuano ad arrivare. Ancora da Bologna, da Genova, da Civitavecchia. Le signore in tuta, con la borsetta leggera e l' ombrello, gli anziani con le scarpe da ginnastica, i ragazzi con il megafono aggiustato con lo scotch. Sembrano, o forse sono davvero in gita, e non gli pesa. Un sorso d' acqua, una sigaretta, un attimo di smarrimento, un sospiro e un sorriso di sollievo al sole autunnale di Roma. Com' è più semplice, e intensa, e generosa, la politica vissuta alla base; e quanto più appagante rispetto a quella dei professionisti! Partono i cortei, tutto va come deve andare, il Circo Massimo si colma. Quanti sono, alla fine? Boh. Benedetto chi è esentato, anche stavolta, dall' esagerazione contabile e necessitata di questi tempi di contatti, audience, sondaggi. Perché negli ultimi anni le stime si confrontano a distanza di mesi e anni e il risultato è che sembrano aver smarrito razionalità, non di rado sfidando matematica, fisica, geometria e buonsenso. Ma quel che davvero fa impressione, oggi, e sorprende più di qualunque eccesso, è che ancora così tante persone hanno risposto all' appello e sono arrivate fin qui. Nonostante la delusione, nonostante la sconfitta e una crisi di rappresentanza che impone novità, fatiche, cautele e che spiega gli aspetti meno felici della vita interna: proliferare di fondazioni, dispetti, sprechi, tentazioni di inciucio sulla Rai, perenne disputa sui soldi, rivalità al sole e pugnalate nell' ombra. Tutto questo oggi può essere, se non archiviato, certo purificato dalla grande partecipazione di tanta gente. I dirigenti del Pd hanno promesso in anticipo il "pienone" senza rendersi conto che forse in questo modo facevano un torto al loro stesso popolo, sminuivano la sua preziosa varietà trasformandola in pura astrattezza numerica, folla indifferenziata. Come quella della foto che l' ufficio propaganda del Pd ha acquistato per avventura, chissà a che prezzo, per reclamizzare sui muri d' Italia la manifestazione, senza accorgersi che era una folla di piazza San Pietro. Ecco: domani non ci sarà bisogno di comprare foto. Al Circo Massimo, per una volta, la politica è ritornata in mano alla "gente" senza paura di qualificare questa entità primaria deformandone la dizione (la "gggente") secondo logiche tele-qualunquiste. E questo è accaduto mentre la regia proiettava a lungo sui maxi-schermi i volti dei soliti noti, D' Alema, Bersani, Epifani, silenziosi visitors a mezzo busto. Nell' arena molti più giovani e donne del solito, belle facce pulite e significative, una varietà e una freschezza che per esprimersi non ha bisogno di edulcorazioni ed espedienti comunicativi perché viene dal basso, secondo l' antica nozione della rappresentanza. Così, vista dal Circo Massimo, sia la vana nevrosi della conta che le cifre inevitabilmente esagerate rischiano di non fare giustizia alla grande e visibile riserva di umanità che il Partito democratico ha messo in campo e portato a Roma da tutta Italia. Striscioni. Cartelli. Ricordi della giornata da riportare al paese. L' orgoglio di Torremaggiore, la fantasia di Pagani, la foto ricordo di Sesto San Giovanni, la compostezza dei sardi. E le ragazze coi capelli verdi scatenate nel mambo, i vecchi metalmeccanici che le hanno viste tutte, quelli che con la mafia devono fare i conti ogni giorno. La storia siamo noi: ma sul serio, come cantavano dal palco, "quelli che hanno letto un milione di libri/ e quelli che non sanno nemmeno parlare". Popolo, nel senso classico e nobile della parola. Persone semplici e anonime, per lo più, ma proprio per questo eccezionalmente piene di allegria e dignità. Emozioni vere, fuori dal recinto dei Vip. "Un' altra Italia è possibile" ha concluso Veltroni. E stai a vedere, forse anche un altro Pd.

FILIPPO CECCARELLI

Nessun commento:

Posta un commento