martedì 10 febbraio 2009

Mai più


Spero che non succeda mai più. Che non succeda mai più che nel nostro Paese una persona debba morire di fame e di sete. Come molti - in questa vicenda in cui il dolore dovrebbe zittire speculazioni tanto urlate quanto stonate, strumentalizzazioni politiche, deliranti attacchi alla Costituzione e sciaccallaggi vari - personalmente mi sento frastornato e smarrito, ma penso anche che sia necessario riprendere il filo della ragione.
Iniziando dal respingere tutte le voci che interpretano la morte di Eluana per eutanasia (perché di questo si tratta, anche se autorizzata da un tribunale, pur in mancanza di una legge) come il venir meno del valore della vita come ‘bene indisponibile’.

C’è chi in queste ore ha applaudito all’annuncio della morte, chi ha sottolineato che questa morte segnerebbe un cambio di civiltà in grado di mutare una volta per tutte il valore della vita in sé.
E che a questo si sostituirebbe un nuovo valore, quello della qualità della vita.
Sono espressioni inaccettabili, frutto di un ‘ trasversale partito dell’eutanasia’ che va contrastato con le armi della ragione, della cultura, dell’educazione e dei valori.

Pur nella confusione di questi momenti, è necessario affermare l’amore per la vita e saper distinguere fra quanti si battono per la sua tutela e quanti, invece, cercano la scorciatoia della morte per fame e per sete per affermare il principio illuministico dell’autodeterminazione assoluta.
Spero che a questo punto cali finalmente il silenzio su una dolorosa vicenda umana che ha toccato innanzitutto Eluana e la famiglia Englaro in un calvario durato 17 lunghi anni.
Si abbassino i riflettori, si chiudano i microfoni, si eviti la tentazione di trasformare “ il caso Eluana” in una sorta di icona “ testimonial” del partito dell’eutanasia.

E il Parlamento si metta a lavorare con coscienza, nel confronto leale delle diverse ideologie, non a una norma sull’eutanasia, ma ad una legge sul fine vita, che sia rispettosa innanzitutto della persona umana, anche nella sua fase terminale.
Perché è pur sempre della vita di una persona che si sta parlando.


Alberto Ferrari

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